La natura nella moda

Settembre è appena iniziato ma il sole caldo dell’estate non ha nessuna intenzione di cedere il passo alle tinte della stagione che le succederà. La magia della Val d’Adige e poi d’Isarco, che accompagna ogni anno milioni di turisti nel loro incessante muoversi da e verso il Brennero, è racchiusa in un orizzonte ristretto: la percezione dell’essere in montagna e i colori della pianura.

E’ pomeriggio. I pioppi sono alti e tutti inclinati verso nord. E’ un chiaro segnale di alta pressione e bel tempo: la termica di valle spira da un paio d’ore sempre più forte. E così da decine di migliaia di anni, da quando un ghiacciaio immenso ha scavato questa stupenda valle e da quando le montagne intorno hanno iniziato a far sentire la loro presenza. La mattina presto il moto s’inverte e il vento, implacabile, spira da nord. Qui e là noto qualche tetto romanico appartenente a questo o a quel castello, che in Alto Adige sono numerosi. Sto andando a trovare un’amica e suo marito che abitano a Egna, lungo l’autostrada del Brennero.

Uno dei mille borghi antichi la cui storia si perde nei prati calpestati da mille invasioni barbariche. Ora, di tutto questo è rimasto solo il ricordo sui libri di storia. Tutt’intorno vedo energia poichè il vento, magia invisibile, col suo tocco tutto accende e sprigiona.

Qualche pala eolica ne trae beneficio regalando elettricità senza emettere anidride carbonica. C’è chi si lamenta dal lato estetico ma per ogni trovata dell’uomo, per quanto geniale possa essere, troveremo sempre il pubblico che applaude e quello che fischia. Forse perchè non sa o non vuole leggere oltre le righe, oppure non vede un orizzonte abbastanza lontano da ospitare, nel tragitto frapposto, consapevolezza o lungimiranza.

Vorrei che il viaggio non finisse mai. Vorrei catturare tutta l’energia che vedo.
Vorrei essere un generatore per tutti quelli che vedono ciò io vedo.
Arrivo nel centro di Egna: stupendo, tranquillo. Il vento si insinua fra i muri scaricando potenti e calde raffiche sugli ombrelloni del barino della piazza. ONE MORE. Suono il campanello e mi apre Helga, sempre sorridente e cordiale. L’energia là fuori è proprio contagiosa…

Penso per un attimo alle nostre foschie estive, all’umidità devastante e mi chiedo quale sia la formula magica per carpire energia positiva anche dalle situazioni meno agevoli. Ci penserò.

Helga mi fa accomodare in sala campionario e vengo investito da una botta di creatività. In ogni capo di collezione vedo quanto l’estro creativo è stato messo alla prova. Vedo la moda, vedo lo sport ma vedo anche la funzionalità e la vestibilità.

Devo dire che sono un po’ innamorato di come tutta questa creatività viene declinata sui tessuti. Un cappotto si smonta e diventa uno scialle oppure un bomber, una semplice felpa ha l’eleganza di un abito da sera… E inizio a fare domande.

La sua azienda è giovane, giovanissima ma la loro esperienza (sua e del marito Elmar) sono di lunga data. Dal rispetto e dalla conoscenza del territorio d’origine, da un desiderio di tutela dell’ambiente e da vent’anni di expertise nel settore moda e ski wear, scaturisce la missione più autentica di questo giovane brand: creare una linea di abbigliamento sportivo all’avanguardia, particolarmente attenta al design, alla funzionalità dei capi e alla loro vestibilità, frutto dell’alchimia tra materiali insoliti e caratteristiche tecniche avanzate.

I capi che Helga progetta realizzati nella logica del riuso sostenibile, riguardano materiali riciclati e riciclabili sia per le parti esterne che per le imbottiture. Un connubio tra high tech e high touch, come dicono loro, tra cui imbottiture, fibre e filati derivanti dal riciclo di bottiglie di plastica che ha le stesse caratteristiche di quello da fonte vergine ma che può essere rigenerato all’infinito.

La rinuncia alla piuma e alla pelliccia in favore dei materiali sintetici o riciclati. Il tutto racchiuso in capi entusiasmanti, come entusiasmante credo possa essere la consapevolezza dell’essere eleganti ma rispettosi dell’ambiente e della natura che ti circonda. Sul tavolo, un’alzata piena di mele coloratissime mi invita ad un assaggio. Vengono dall’orto di uno zio.

Poi mi dice:- ti piace quella giacca?- riferendosi al capo che avevo in mano. -E’ fatta con la buccia delle mie mele…- e lascia cadere la frase per permettermi di realizzare.

Uno dei materiali innovativi di ONE MORE è appunto Appleskin. Si tratta di una similpelle ottenuta dalla lavorazione degli scarti industriali delle mele, provenienti per la maggior parte dall’Alto Adige. 100% vegana, resistente all’usura e ai raggi UV, AppleSkin è attualmente la similpelle più naturale esistente oggi sul mercato. Appleskin è brevettato da un’azienda di Bolzano che da anni sperimenta le potenzialità del più diffuso frutto altoatesino.

Un bel modo di riconoscere e ringraziare la natura che ci ospita… ONE MORE è stata la prima azienda italiana e fra le prime al mondo ad utilizzare questo materiale nel settore sportivo: un bel modo di vedere lontano… Mi passo questo capo, che ora definisco magico per molti motivi, ancora fra le mani e poi immagino il mordere una mela. Due gesti lontani, incommensurabili ma così vicini in questo mondo in cui le distanze sono troppo evidenti in ogni ambito. Avessi dei bambini piccoli chiederei loro:- bambini vi piacerebbe essere vestiti di mela?- E già immagino un coro di si e una vocina irriverente che domanda:- Ma io posso vestirmi di pera?- – Ci stiamo lavorando, bambini, ci stiamo lavorando…-.

E’ giusto che i bambini siano dei sognatori ma è doveroso che noi si sia in grado di traformare i loro sogni in realtà. Il tempo passa veloce ed è il momento di accomiatarmi. Attorno al parcheggio poco fuori le mura della cittadella, ho visto alberi carichi di mele. Andrò da loro a fare due chiacchiere. Penso siano orgogliosi del loro ruolo sociale… E la termica di valle continua ad accarezzarli. Da sempre, per sempre.